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al testo proposto da Loredana Savelli
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Così sapiente di cose dimenticate
di coloro che più non sono. Il viale zitto tra alberi alti ora piccola siepe nuova e le pietre ora lisce, la vernice fresca sotto cui riposano altri strati e storie d'occhi, voci e corpi fanciulli, di elastiche ossa adolescenti, respiri primi del passato nostro, Padre Nostro, quel santuario di piedi scalzi danzanti in una vita forse solo sognata. E poi affondare occhi tremendi nel tramonto - nell'infinito dolore - che filtra dalla siepe tremula, fiorita nella notte di luci sospesa sull'orizzonte rosso - debordare nella fine - passioni di poesie tragiche dove fu odiata la vita, cresciuta in gemme turgide pregna del minuto; geme adesso, e piango l'ora priva, l'aria greve riarsa tra corteggi di vespe sciami assediami d'inezie, così anche l'oggi fugge, inevaso. Come masticare suoni nuovi, canti fieri di presente confusi a quelli d'allora, dalla profondità dove il tempo rovina scandito da luttuosi orologi, pretendendo ciò che è suo: tempo e altri segni di tempo. tratta da "Squeeze", http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/502-Caterina-Davinio-Fenomenologie-seriali.html) |
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