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La casa II

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Così sapiente di cose dimenticate
di coloro che più non sono.
Il viale zitto tra alberi alti
ora piccola siepe nuova
e le pietre ora lisce, la vernice fresca
sotto cui riposano altri strati e storie
d'occhi, voci e corpi fanciulli,
di elastiche ossa adolescenti, respiri primi
del passato nostro, Padre Nostro,
quel santuario di piedi scalzi danzanti in
una vita forse solo sognata.

E poi affondare occhi tremendi nel tramonto - nell'infinito dolore -
che filtra dalla siepe tremula, fiorita nella notte di luci
sospesa sull'orizzonte rosso - debordare
nella fine -
passioni di poesie tragiche
dove fu odiata la vita, cresciuta in gemme turgide
pregna del minuto;
geme adesso, e piango l'ora priva,
l'aria greve riarsa tra corteggi di vespe
sciami assediami d'inezie,
così anche l'oggi fugge, inevaso.
Come masticare suoni nuovi, canti fieri di presente
confusi a quelli d'allora, dalla profondità dove
il tempo rovina
scandito da luttuosi orologi,
pretendendo ciò che è suo:
tempo e altri segni di tempo.


tratta da "Squeeze", http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/502-Caterina-Davinio-Fenomenologie-seriali.html)

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